27 gennaio: per non dimenticare

27 gennaio, Giornata della Memoria: ricordare il passato per impegnarsi a promuovere inclusione e rispetto.
La consegna delle tessere alla memoria agli eredi dei soci epurati. 25/01/2023, Roma © Lucio Virzì

Era il dicembre del 1938. In un Paese piegato al regime fascista, le leggi razziali segnarono il destino di migliaia di cittadini italiani di origine ebraica. Anche il Club Alpino Italiano, per ordine del presidente generale Angelo Manaresi, adottò una circolare “riservatissima” che imponeva l’esclusione di soci e dirigenti di origine ebraica.

Fu un atto di fedeltà al regime e un tradimento dello spirito universale delle montagne: Leone Sinigaglia, compositore e alpinista; Emilio Segrè, futuro premio Nobel per la fisica; Bruna Zevi e tanti altri furono espulsi da quella comunità che avevano contribuito a costruire. Le vette che avevano raggiunto, i sentieri che avevano tracciato, vennero cancellati, come se la loro presenza non fosse mai esistita. 

Per decenni, questa vergogna è rimasta sepolta, dimenticata. Ma la memoria è come un rifugio in alta quota: non si può ignorare la strada per arrivarci. Nel 2022, l’Assemblea Nazionale dei Delegati del CAI ha avviato un percorso di autocritica e responsabilità, approvando una mozione per riconoscere le proprie colpe, fare luce su quella stagione buia e riammettere simbolicamente i soci espulsi. Un anno dopo, nel gennaio 2023, Roma è stata teatro di un momento carico di emozione. Durante un incontro con l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e la Comunità Ebraica di Roma, le tessere associative del CAI sono state simbolicamente restituite ai discendenti degli espulsi. Tra i nomi, volti che avevano segnato la storia dell’alpinismo e della cultura: Franco Modigliani, Leone Sinigaglia, Emilio Segrè, Carlo Franchetti, Alberto Moravia. Le montagne, in un gesto simbolico, riaccoglievano chi ne era stato allontanato ingiustamente. 

Allo stesso modo la Comunità Ebraica di Torino, nel marzo 2024, ha ricevuto dal CAI il diploma di socio benemerito, un riconoscimento non solo alle persone, ma al legame indissolubile tra le montagne piemontesi e chi, come Leone Sinigaglia, le aveva amate e raccontate. 

Le Alpi e gli Appennini non hanno mai fatto distinzioni tra chi vi camminava. Era l’uomo, non la montagna, a dividere. Ed è l’uomo, oggi, a dover riannodare quei fili spezzati. “Riconoscere significa riprendere il giusto cammino” aveva detto a suo tempo Antonio Montani, presidente generale del CAI. Questo non è solo un gesto verso chi non c’è più, ma un impegno verso chi verrà. Il CAI, nato per unire gli uomini nell’amore per la montagna, si assume oggi la responsabilità di educare al rispetto, all’inclusione, alla memoria. 

Ed è proprio oggi, nella Giornata della Memoria, che vogliamo ricordare come anche i territori abbiano una coscienza, come il paesaggio possa essere luogo di giustizia o di esclusione. Riconoscere gli errori del passato significa restituire le montagne a tutti, perché esse non appartengono a un popolo o a una fede, ma a chiunque le voglia camminare con rispetto.