17 febbraio 1980: la storica prima invernale dell'Everest da parte dei polacchi Wielicki e Cichy

Il 17 febbraio 1980, i polacchi Krzysztof Wielicki e Leszek Cichy salgono per primi sul tetto del mondo nella stagione fredda. È la gioia di una nazione intera
Wielicki e Cichy

Il 17 febbraio negli annali di storia è il giorno in cui viene arso vivo Giordano Bruno (1600), ma anche della première mondiale per C'era una volta in America di Sergio Leone (1984). Nel mondo dello sport si celebra la prima medaglia femminile di una italiana ai Giochi Olimpici invernali, con Giulia Minuzzo terza nella discesa libera di Oslo (1952) e il compleanno del fuoriclasse di MotoGP Marc Marquez. Anche nell'alpinismo è una data di grande rilievo: nel 1980, Krzysztof Wielicki e Leszek Cichy raggiungono la vetta dell'Everest, prima cordata a riuscire nell'impresa in invernale.

La spedizione nasce su iniziativa del vulcanico Andrzej Zawada: nel 1959 è stato uno dei protagonisti dell'epica prima traversata invernale dei Tatra, che ha richiesto ben 19 giorni. Dai primi anni ‘70 fa parte di diverse spedizioni himalayane e a fine novembre 1979 riesce a ottenere un permesso per l’Everest valido fino a metà febbraio; in tempi record organizza la trasferta. il 5 gennaio 1980 il suo team ha già finito di sistemare il campo-base e in dieci giorni gli alpinisti salgono fino a 7.500 metri di quota ad attrezzare. Tra i numerosi alpinisti ingaggiati (ben 25!), anche Bogdan Jankowski, che è pure un mago dell’elettronica: costruisce al campo-base due antenne che permetteranno di annunciare la conquista a Varsavia in tempo reale. D'altronde c'è tutta una nazione a spingerli, a partire da Giovanni Paolo II, che da giovane aveva praticato l'alpinismo sui Tatra.

La spedizione invernale polacca al campo base dell'Everest © Wikimedia Commons

L’11 febbraio Krzysztof Wielicki, Leszek Cichy e Walenty Fiut arrivano fino al Colle Sud, con l'obiettivo di tentare la cima l’indomani. Hanno una grande tenda, ma non riescono a installarla a dovere. Cichy rinuncia e scende al campo 3. Gli altri passano una notte terribile a -40°, sballottati dal vento, reggendo a mano i pali. Il giorno seguente desistono pure loro e rientrano, Wielicki ha alcune dita dei piedi che mostrano segni di congelamento. Sembra tutto finito, ma Zawada ottiene una proroga del permesso di due giorni.

Il 15 febbraio Wielicki e Cichy tornano al Colle Sud, le condizioni meteo sono migliori e i due procedono come treni. Alle 14.25 del 17, i due alpinisti finalmente si abbracciano sulla cima. Il momento è commovente e carico di significato: lasciano un termometro, un rosario donato da Papa Woytjla e una cartolina della loro spedizione, ma la discesa è drammatica. Cichy scende per primo, Wielicki resta indietro, rischia di perderesi. È stanchissimo e quando finalmente raggiunge la tenda accende il fornelletto per riuscire a scaldare i piedi congelati. Solo dopo qualche ora capirà di non essere più in pericolo di vita. La discesa si conclude il 19 febbraio: fuori tempo per i permessi concessi, ma sani e salvi. È solo la prima di molte salite himalayane, che faranno conoscere la bravura e la tenacia dei polacchi a tutto il mondo negli anni '80.