“Game over”, Marco Camandona in cima ai 14 Ottomila, l’intervista

Dopo 26 anni di spedizioni Marco Camandona ha coronato il suo sogno di scalare le 14 montagne più alte della Terra, senza utilizzare bombole di ossigeno. Un viaggio personale e non una sfida.
Marco Camandona in cima al Gasherbrum I, il suo 14esimo Ottomila. ©Marco Camandona

“Game over, finito il gioco”. Così Marco Camandona dalla cima del Gasherbrum I, quando ha chiamato sua moglie, Barbara. Classe 1970, guida alpina e maestro di sci, Camandona oggi è tra i 20 alpinisti al mondo ad aver completato la salita dei 14 Ottomila senza l’utilizzo di bombole di ossigeno. Un viaggio iniziato nel 1996 e conclusosi sul finire del luglio 2024 sull’undicesima montagna della Terra, in Pakistan. Pochi giorni prima, il suo tredicesimo Ottomila, il Gasherbrum II. In entrambe le occasioni Marco è stato accompagnato dal cognato Dante Luboz mentre al campo base lo aspettava l’amico Abele Blanc.

 

Marco, come hai recitato dalla vetta “game over”. Come ci si sente dopo aver scalato i 14 Ottomila?

Per me è stato un viaggio, un viaggio durato 26 anni dove non mi sono mai messo la pressione di finire. L’ho sempre fatto per gioco, per me stesso. L’ho sempre fatto con l’ambizione di condividere la bellezza di queste montagne con i miei compagni di spedizione, per una sorta di senso di appartenenza a un gruppo. Il mio viaggio sugli Ottomila è un continuo intrecciarsi di storie di amicizia tra professionisti che lavorano inseguendo obiettivi comuni, ma senza velleità. Se si fa cima bene, se no va bene lo stesso. Questa è sempre stata la filosofia con cui sono partito.

 

È stato così anche quest’anno su Gasherbrum II e Gasherbrum I?

Quest’anno è stato particolare. Quando vedi la fine di un percorso la tensione sale, è naturale. C’era l’opportunità di andare in vetta, ma nessuna certezza. Essere al campo base con Dante e Abele è stato fondamentale, mi hanno dato molta tranquillità.

Un momento della salita. © Marco Camandona

È anche grazie ad Abele se hai iniziato questo viaggio attraverso gli Ottomila…

Lo ricordo come fosse ieri. Avevo 24 anni, lui e Adriano Favre mi hanno preso per la prima volta e portato in spedizione. “Parto in spedizione con i miei istruttori” avevo detto ai miei genitori. Un’opportunità che mi ha cambiato il futuro, una delle esperienze più belle della mia vita. Da lì è partito tutto, fino all’ultima condivisione con Abele sui Gasherbrum.

Le cose sono cambiate molto rispetto al tempo, era il 1996 e ricordo che arrivato a Kathmandu ho chiamato casa, poi ho richiamato do 50 giorni per dire che ero vivo e che non avevo raggiunto la vetta. Nel 2024 ho avvisato mia moglie Barbara dalle vetta del Gasherbrum I.

 

Quest’ultima è stata una stagione complicata a livello meteo, quali sono stati e come hai gestito gli imprevisti?

Riuscire ad avere le energie e la giusta organizzazione per salire entrambe le montagne non è stato facile. Quest’anno i maggiori imprevisti sono stati legati alla meteo. Quando, il 21 luglio, sono arrivato in vetta al Gasherbrum II faceva freddissimo e il vento soffiava a 50 chilometri orari. Non è stato facile gestire a livello fisico condizioni di questo tipo, mi ha devastato. È stato come vivere un assedio alla montagna, una spedizione d’altri tempi. Negli ultimi anni mi sono abituati alle salite himalayane in stile “fast and light”, quest’anno non ho potuto farlo. 

 

Sul Gasherbrum I invece, come sono andate le cose?

Rientrato al campo base sapevo che ci sarebbe stata una buona finestra intorno al 26-28 di luglio. La nostra salita è iniziata il 26, con Abele Blanc davanti a passo costante. Ci ha accompagnati fino a campo 2. Qui io e Dante abbiamo tirato un sospiro di sollievo, perché ci siamo resi conto che oltre c’erano tracce e corde fisse, almeno fino a campo 3. Dopo c’è stata la vetta, per Dante il suo primo Ottomila, per me il 14esimo.

Marco Camandona in cima al Gasherbrum II. © Marco Camandona

Come è stato condividere questa esperienza, da un lato con il maestro Abele Blanc, dall’altra parte con tuo cognato Dante alla sua prima esperienza himalayana?

Ho condiviso tante avventure con molte persone, ed è questo il valore che attribuisco ai miei Ottomila. Ho iniziato con Abele e ho finito con Abele, credo che non ci possa essere soddisfazione più grande. Dante invece è un lavoratore, un ragazzo che ha passato tutta la vita in cantiere, 12 ore al giorno. Ha una buona esperienza in montagna, anche se è al suo primo Ottomila. Sul Gasherbrum II ha commesso qualche errore di valutazione, è rimasto indietro e alla fine ha dovuto rinunciare alla vetta. Sul Gasherbrum I la storia è andata diversamente, non ha perso l’iniziativa, mi ha aiutato con il materiale e poi siamo andati insieme, fino in cima.

 

Dopo 26 anni, vedremo ancora Marco Camandona in spedizione?

Ci sono altri progetti, magari anche su un Ottomila, ma per ora penso ai miei ragazzi. Spero di condividere presto con loro un Piolet d’Or all’italiana.