«L'aumento delle temperature crea trasformazioni sia nelle masse glaciali, che si ritirano, sia nelle rocce d’alta quota permeate dal ghiaccio, il cui permafrost si degrada».
Con queste parole il professor
Marco Giardino, docente di Geografia fisica e Geomorfologia presso l
’Università di Torino e rappresentante di Unito all’interno del Comitato glaciologico italiano, spiega la correlazione tra crisi climatica e stabilità dei rifugi e delle relative vie d’accesso. La consapevolezza di questa correlazione è stata la premessa del piano pluriennale di ricerca che vede affiancati l’
Università di Torino e il
Club alpino italiano.
Del progetto tratterà il numero in uscita di
Montagne360 (febbraio 2021), che darà ampio spazio alle parole del professor Giardino.
Una location unica
Possiamo anticipare che la ricerca, iniziata nel 2019, ha interessato l’area della
Capanna Margherita, il rifugio di proprietà del Cai collocato a 4554 metri di altitudine sulla
Punta Gnifetti del Monte Rosa.
«Si tratta di una location unica, sia per la quota, sia per altre ragioni legate all’ambiente», afferma Giardino. «La Punta Gnifetti mostra infatti due versanti completamente diversi tra loro, sui quali si possono osservare comportamenti altrettanto differenti in conseguenza dell’aumento delle temperature».
Il lavoro del team di ricercatori
L’attività ha previsto la costituzione di una rete per la misura topografica e il posizionamento preciso dei tipi di campionamento, al quale sono seguiti un rilievo aereofotografico con elicottero tramite la tecnica SfM (Structure from Motion) e delle scansioni laser per conoscere i dettagli morfologici e strutturali della Punta Gnifetti. Giardino cita in particolare le
calate alpinistiche realizzate lungo il versante Sud-Est per ottenere un rilievo geomeccanico dell’ammasso roccioso. Non sono mancate indagini georadar per verificare lo spessore della massa glaciale. Il team di ricercatori fa parte del
Dipartimento di Scienze della Terra di Unito e dello spin-off
Imageo srl e ha visto la collaborazione di istituzioni scientifiche convenzionate con il Cai (come il
Politecnico di Milano) e altri partner scientifici.
Il ruolo del Cai
Nella ricerca hanno avuto un ruolo di primo piano le
centinaia di immagini, sia storiche sia recenti, raccolte negli archivi della
Sezione Cai di Varallo, del
Comitato glaciologico italiano, di alpinisti, guide alpine e rifugisti. Grazie a esse, spiega il professor Giardino sulla rivista,
«gli studiosi hanno potuto capire i punti in cui si sono manifestati alcuni fenomeni di instabilità ed elaborare di conseguenza uno scenario futuro. Inoltre, alpinisti e frequentatori della montagna possono avere memoria di com’era la situazione in una determinata area svariati anni fa, aiutando così l’elaborazione degli scenari appena citata».
Primi risultati e passi futuri
I primi risultati sono relativi alla stabilità della Capanna Margherita, per la quale non è stato rilevato
nessun cambiamento importante. Per il futuro è allo studio una procedura per la raccolta sistematica delle immagini ad ampia scala.
La metodologia e i risultati della ricerca fotografica e dell’analisi geomorfologica sono online nel
sito dedicato.
Per chi volesse approfondire rimandiamo all'articolo pubblicato sul numero in arrivo di
Montagne360.